Jonathan Littell by Le benevole

Jonathan Littell by Le benevole

autore:Le benevole [benevole, Le]
La lingua: eng
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


«Preferisce Furtwàngler, allora?» «Con Furtwàngler si hanno poche sorprese. Ma è solidissimo. Purtroppo non gli fanno più dirigere le opere di Mozart, che è quello che gli riusciva meglio. A quanto pare Lorenzo Da Ponte era mezzo ebreo, e Il flauto magico un'opera massonica». «Lei non la pensa così?» «Forse, ma la sfido a presentarmi uno spettatore tedesco che sia in grado di rendersene conto da solo. Mia moglie mi ha detto che a lei piace la vecchia musica francese?» «Si, soprattutto le opere strumentali». «Ha buon gusto. Rameau e il grande Couperin sono ancora troppo sottovalutati. C'è anche tutto un patrimonio di musica seicentesca per viola da gamba, ancora inesplorato ma di cui ho potuto consultare qualche manoscritto. Superba. Ma il primo Settecento francese ha davvero toccato il vertice. Nessuno sa più comporre così. I romantici hanno rovinato tutto, stentiamo ancora a liberarcene». «Lo sai, vero, che Furtwàngler dirigeva questa settimana?

- intervenne Una. - All'Admiralpalast. C'era quella piccola Tania Lemnitz, che non è affatto male. Ma non ci siamo andati. Era Wagner, e a Berndt Wagner non piace». «A dir poco, - riprese lui. - Lo detesto.

Tecnicamente, ha delle invenzioni straordinarie, cose davvero nuove, obiettive, ma tutto si perde nell'enfasi, nel gigantismo e anche nella grossolana manipolazione delle emozioni, come la maggior parte della musica tedesca dal 1815 in poi. E' scritta per gente il cui principale riferimento resta, in fondo, la banda militare. Leggere le partiture di Wagner è affascinante, ma ascoltarlo, non ci riuscirei». «Non c'è nessun compositore tedesco che lei salvi?» «Dopo Mozart e Beethoven? Qualche pezzo di Schubert, certi passaggi di Mahler. E sono ancora indulgente.

In fondo, c'è quasi soltanto Bach... e adesso, ovviamente, Schònberg». «Mi scusi, Freiherr, ma mi parrebbe difficile definire musica tedesca quella di Schònberg». «Giovanotto, - ribatté seccamente von Uxküll, - non cerchi di darmi lezioni di antisemitismo. Ero antisemita prima che lei nascesse, anche se resto abbastanza vecchia maniera per ritenere che il sacramento del battesimo abbia tanta forza da lavare la tara del giudaismo. Schònberg è un genio, il più grande dopo Bach. Se i Tedeschi non lo vogliono, è un problema loro». Una scoppiò in una risata cristallina: «Perfino il "VB" parla ancora di Berndt come di uno dei migliori esponenti della cultura tedesca. Ma se fosse uno scrittore, sarebbe negli Stati Uniti con Schònberg e i Mann, oppure a Sachsenhausen». «E' per questo che sono dieci anni che non fa più nulla?» domandai. Von Uxküll agitò la forchetta rispondendo: «Prima di tutto, non essendo membro della Musikkammer, non posso. E mi rifiuto di far eseguire la mia musica all'estero se non posso presentarla nel mio paese». «E perché non li iscrive, allora?» «Per principio. Per via di Schònberg, appunto. Quando l'hanno buttato fuori dall'Accademia e ha dovuto lasciare la Germania, mi hanno offerto il suo posto: li ho mandati a quel paese. Strauss è venuto a trovarmi personalmente. Aveva appena preso il posto di Bruno Walter, un grande direttore d'orchestra.

Gli ho detto che avrebbe dovuto vergognarsi, che era un governo di gangster e di proletari esacerbati e che non sarebbe durato.



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